Luca LEZZI, Filippo Corridoni. Un sindacalista rivoluzionario, Edizioni Circolo Proudhon, 2015, pp. 130, Euro 11
Il sindacalismo rivoluzionario sembra sempre essere marginalizzato dalla cultura in generale ed italiana in particolare, preferendo privilegiare la storia del socialismo riformista e del comunismo.
Il sindacalismo rivoluzionario, che ebbe fra i suoi massimi teorici il socialista rivoluzionario Georges Sorel, ad ogni modo, trae linfa in Italia dal Risorgimento mazziniano e garibaldino, oltre che dal socialismo libertario del già mazziniano Carlo Pisacane, il quale, non a caso, redasse il suo “Saggio sulla rivoluzione”.
Il sindacalismo rivoluzionario, oltre ad attingere a parte del pensiero mazziniano e marxista, fu influenzato particolarmente dall’anarchismo di Proudhon.
La visione dei sindacalisti rivoluzionari italiani – come ricorda il giovane storico Luca Lezzi nel suo breve saggio su “Filippo Corridoni – un sindacalista rivoluzionario” (Edizioni Circolo Proudhon) – era l’idea di un’Italia economicamente liberista, socialmente industriale e operaia, politicamente repubblicana, federalista e libertaria, con un nazionalismo di stampo sindacalista, comunale e federativo.
I massimi esponenti del sindacalismo rivoluzionario italiano furono Alceste De Ambriis (1874 – 1934) – già eroe della dannunziana Repubblica di Fiume ed autore della sua Costituzione, ovvero l’avanzatissima “Carta del Carnaro” – e l’amico Filippo Corridoni (1887 – 1915) al quale, appunto, lo storico Luca Lezzi dedica il suo raro saggio.
Raro saggio dedicato a rara figura, così come raro fu l’esempio dei legionari dannunziani di Fiume, che contribuirono a fondare la prima Repubblica libera e libertaria che la Storia abbia mai conosciuto (con tanto di libertà di culto, libertà di costumi sessuali, libertà di divorzio, garanzie per i meno abbienti…).
Alceste De Ambriis e Filippo Corridoni, non a caso, daranno vita, nel 1912, all’Unione Sindacale Italiana (USI) – in contrapposizione alla Confederazione Generale del Lavoro (CGL) – sindacato ancora oggi attivo e rappresentante dell’anarcosindacalismo e del socialismo libertario.
Forti dei loro ideali, De Ambriis e Corridoni porteranno avanti le loro proposte eminentemente sindacali, ovvero antistataliste, antiburocratiche e contro ogni protezionismo, attraverso un percorso rivoluzionario, sindacale ed antiparlamentare fatto di rivendicazioni e scioperi animati.
Lo stesso Benito Mussolini, ai tempi socialista, rimarrà impressionato dall’ardimento del Corridoni al quale, una volta diventato Duce, dedicherà addirittura una città – Corridonia, in provincia di Macerata – tentando di accaparrarsene il pensiero. Purtuttavia sappiamo bene come il fascismo – statalista, autoritario e borghese – fosse lontanissimo dagli ideali sindacalisti rivoluzionari di Corridoni, De Ambriis e compagni, al punto che ne rimarranno delusi persino i Delio Cantimori ed i Curzio Malaparte, già di provata fede mazziniana ed anarchica, i quali aderirono in un primo tempo al fascismo in quanto ritenevano che questo rappresentasse gli ideali rivoluzionari di Mazzini e di Corridoni. Così, come sappiamo, non fu.
Alceste Da Ambriis, dopo l’Impresa di Fiume, aderirà all’antifascismo, mentre Filippo Corridoni morirà prima, come volontario nella Prima Guerra Mondiale a San Martino del Carso, nel 1915, con un colpo di fucile in fronte, così come egli stesso avrebbe voluto da interventista, ritenendo che l’intervento in guerra dell’Italia rappresentasse il completamento dell’Unità nazionale e potesse essere di beneficio alle classi proletarie.